LEONARDO DIANA e CLAK-Teatro Contagi

Leonardo Diana e CLAK-Teatro Contagi

di SILVIA POLETTI

 

All’interno di EYE FLOW – un progetto a cura di VERSILIADANZA

Nell’ambito di Flow/Residenze Creative. Teatro Cantiere FLorida di Firenze

 

Nei suoi spettacoli Leonardo Diana porta in scena un immaginario ispirato al visionario tecnologico che sempre più si insinua nelle nostre giornate, ma, con il tocco poetico dell’artista sognatore, ha il dono di trasformarlo sempre in qualcosa di altro, riuscendo a suscitare negli spettatori adulti rimandi e nostalgie di fantasie ancora non contaminate da impulsi e pixel, e soprattutto facendo scoprire ai più piccoli le infinite possibilità creative che l’uomo può sperimentare riuscendo a liberare la propria creatività oltre i limiti tecnologici.
E’ questa la caratteristica che fa da filo rosso al lavoro di questo performer arrivato alla danza parallelamente agli studi artistici (è diplomato in scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Firenze) e che nel suo percorso di ricerca “immaginifica” ha anche il grande pregio di aver saputo coinvolgere altri validi artisti capaci di “giocare” con la loro sapienza – nella musica, nel gesto nel disegno – per esaltare la forza dell’invenzione.
Forte di un corpo importante – per struttura fisica e qualità di movimento (energico, terso e rigoroso) – Leonardo è anche visivamente “ideale” per sottolineare le diverse dinamiche della continua dialettica tra virtualità e realtà: infatti, tanto è fisicamente, concretamente presente la sua umanità in scena, quanto più il dialogo con il virtuale – sia visivo che sonoro – accentua i contrasti e limiti che si vogliono comunque annullare. Diana tuttavia non intende infrangere questo muro invisibile: preferisce lambirlo, sfiorarlo, insinuarsi nelle sue ideali fessure, conducendo con sé nella sua perlustrazione creativa e coreografica il pubblico e rendendolo partecipe delle sue scoperte.
E’ il caso di Zona Interattiva, progetto in progress di cui al Florida si è visto una notevole parte e in cui si parte dall’assunto di base dell’arte della danza: il dialogo tra movimento e musica, esplorato qui nella sua essenza, quasi, ovvero quello primario del rapporto tra corpo e suono. Per renderlo chiaro all’interpretazione dello spettatore si ricorre addirittura al Theremin, primo strumento elettronico del XX secolo, di per sé oggetto intrigante proprio per la sua concezione fascinosa, quella di emettere suoni astrali senza essere minimamente toccato, bensì al solo muoversi del musicista nello spazio: gli ottimi musicisti-performers Luca e Andrea Serrapiglio evocano sonorità fantastiche arieggiando le mani, per poi affidare a Leonardo e agli altri danzatori Chiara Cinquini e Chiara Innocenti di CLAK-Teatro Contagi – che hanno fondato nel 2013 e collabora con Versiliadanza – il compito di progredire nel viaggio coreografico e sonoro, in cui gradualmente – tra un momento volutamente brillante, e altri squisitamente concettuali – lo spettatore è condotto in un processo di scoperta e riflessione sulle potenzialità nascoste di questa antica, attuale e futuribile interazione.
In Diana infatti la giocosità si intreccia sempre con il pensiero forte, attraverso la leggerezza dell’assunto si insinua la riflessione sul tema esplorato: in Zona Interattiva succede, per esempio, quando è lo stesso spettatore, munito di un sensore a distanza, a dare impulsi motori al ballerino in scena. Oppure quando, in Save the World, Leonardo non esita ad apparire come un supereroe da fumetti e si avvia a salvare un mondo alla deriva, ormai in balia di se stesso, immerso tra i rifiuti e dominato da strane creature futuristiche. Un supereroe ironico, inconfondibilmente umano: che sbaglia, si smarrisce, riprova, sbaglia di nuovo. Anche qui la sorpresa divertita suscitata dall’imponente figura del danzatore che viene “beffata” da figurine disegnate sullo schermo ha un retrogusto pensoso: con il guizzo di un sorriso ci spinge a riflettere sulla nostra ignavia sui suoi irreversibili effetti. Quello che convince di più, anche in questo caso, è la capacità di non essere mai didascalico, pur perseguendo il suo progetto con chiarezza ed efficacia. Di rendere di fatto alla danza la forza della sua umanità, pur nel gioco virtuosistico dei diversi linguaggi scenici. Una qualità che rende il lavoro di Diana genuino e intellettualmente onesto.

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